Fungo dell’Olmo (Hypsizygus ulmarius) – dati botanici, caratteristiche, morfologia, habitat, proprietà

Fungo dell’Olmo (Hypsizygus ulmarius) – dati botanici, caratteristiche, morfologia, habitat, proprietà

Benvenuti in questa approfondita esplorazione del regno dei funghi, dedicata ad una specie tanto affascinante quanto poco conosciuta dal grande pubblico: l'Hypsizygus ulmarius, comunemente noto come fungo dell'Olmo. Questo fungo, che unisce eleganza morfologica a notevoli proprietà nutraceutiche, rappresenta un soggetto di grande interesse per micologi, botanici, micocoltori e semplici appassionati della raccolta funghi. In questa scheda tecnica, che si prefigge di essere la risorsa più completa in lingua italiana sull'argomento, sviscereremo ogni aspetto di questo organismo, dalla sua complessa tassonomia fino alle più moderne applicazioni in campo micoculturale e terapeutico, passando per una dettagliata analisi morfologica, ecologica e biochimica. Preparatevi a un viaggio nel microscosmo del polipo squamoso, un fungo che ha molto da insegnare a chi sa osservare con attenzione.

 

Hypsizygus ulmarius: tra storia e mito

Prima di addentrarci nei tecnicismi che caratterizzano questa scheda, è doveroso inquadrare storicamente e culturalmente il fungo dell'olmo. La sua storia è intrecciata con quella degli alberi che lo ospitano e delle civiltà umane che, più o meno consapevolmente, hanno interagito con lui. Nonostante la sua relativa rarità in natura rispetto ad altri funghi lignicoli, l'Hypsizygus ulmarius ha catturato l'attenzione degli studiosi per secoli, trovando posto negli erbari dei più grandi botanici del passato e, più recentemente, nei laboratori di ricerca per le sue promettenti proprietà. 

 

Tassonomia e nomenclatura del fungo dell'olmo

La corretta identificazione di un fungo inizia dalla sua classificazione scientifica, un sistema gerarchico che ne definisce le relazioni evolutive con le altre specie. Per l'Hypsizygus ulmarius, il percorso tassonomico è stato ricco di revisioni e riposizionamenti, come spesso accade in micologia con l'avvento delle moderne tecniche di analisi filogenetica. Comprendere questa storia tassonomica non è un mero esercizio accademico, ma è fondamentale per orientarsi nella letteratura scientifica e per apprezzare le relazioni che questo fungo intrattiene con altri taxa. In questo capitolo, ripercorreremo le tappe che hanno portato all'attuale collocazione del polipo squamoso, analizzando i caratteri distintivi che lo separano e lo legano ad altri generi e specie, con particolare attenzione alle sue sinonimie e ai fraintendimenti nomenclaturali più comuni.

La posizione nel regno dei funghi: dai basidiomycota alle lyophyllaceae

L'Hypsizygus ulmarius appartiene al vasto regno dei Fungi, un gruppo di organismi eucarioti che si sono separati evolutivamente dagli animali circa un miliardo di anni fa. All'interno di questo regno, la sua collocazione procede attraverso una serie di categorie tassonomiche sempre più specifiche. Appartiene al phylum Basidiomycota, che comprende tutti quei funghi che producono spore su strutture specializzate chiamate basidi. All'interno di questo phylum, la sua classe è Agaricomycetes, che racchiude la maggior parte dei funghi con cappello e gambo che siamo abituati a riconoscere come "funghi a lamelle". L'ordine di appartenenza è Agaricales, un gruppo estremamente diversificato. La famiglia, oggetto di recenti revisioni, è quella delle Lyophyllaceae, che raccoglie funghi spesso saprotrofi o micorrizici con caratteristiche morfologiche e genetiche affini. La corretta attribuzione familiare è cruciale per comprendere le sue relazioni ecologiche e le sue potenzialità in coltivazione.

Storia della nomenclatura: sinonimie e cambiamenti di nome

Il fungo dell'olmo ha una storia nomenclaturale piuttosto complessa, che riflette l'evoluzione delle conoscenze micologiche. Il basionimo, ovvero il primo nome scientifico valido pubblicato, è Agaricus ulmarius, coniato dal padre della micologia moderna, Elias Magnus Fries, nel suo Systema Mycologicum del 1821. Successivamente, il fungo è stato spostato in diversi generi. È stato conosciuto a lungo come Pleurotus ulmarius, un nome che ancora oggi crea confusione tra gli appassionati, a causa della somiglianza superficiale con alcune specie di pleurotus.

Solo nel 1974 il micologo Rolf Singer, dopo un'attenta analisi morfologica, lo trasferì nel genere Hypsizygus, da lui creato, sottolineando le differenze microscopiche (come la trama lamellare e le caratteristiche delle spore) che lo distinguevano dai Pleurotus veri e propri. Altre sinonimie minori includono Lyophyllum ulmarium e Gyrophila ulmaria. Questa vicenda tassonomica insegna quanto sia importante, per un micologo serio, fare riferimento al nome scientifico corretto e aggiornato per evitare errori di identificazione che potrebbero avere implicazioni pratiche, ad esempio in campo alimentare o micoculturale.

Sinonimie principali di Hypsizygus ulmarius
Nome scientificoAutoreAnnoNote
Agaricus ulmariusBull.1791Basionimo
Pleurotus ulmarius(Bull.) P. Kumm.1871Trasferimento al genere Pleurotus
Lyophyllum ulmarium(Bull.) Kühner1938Collocazione nel genere Lyophyllum
Hypsizygus ulmarius(Bull.) Redhead1984Posizionamento tassonomico attuale

 

Morfologia macroscopica: un'analisi dettagliata del polipo squamoso

L'aspetto esteriore dell'Hypsizygus ulmarius è senza dubbio il primo carattere che colpisce il raccoglitore o il micologo. La sua morfologia macroscopica è elegante e, al tempo stesso, robusta, con tratti distintivi che, una volta imparati, lo rendono riconoscibile con una buona dose di sicurezza. Tuttavia, come per tutti i funghi, esiste una certa variabilità fenotipica influenzata da fattori ambientali come l'umidità, la temperatura e il substrato di crescita. In questa sezione, descriveremo minuziosamente ogni parte del carpoforo, fornendo misure, colori, forme e consistenze, arricchite da confronti con specie simili per evitare pericolose confusioni. L'obiettivo è fornire un ritratto così preciso da permettere un'identificazione sul campo anche ai micofagi meno esperti, sempre nel rispetto del principio di massima cautela prima del consumo.

Il cappello: dimensioni, colore e la caratteristica superficie squamosa

Il cappello (pileo) è l'elemento più vistoso del fungo dell'olmo. All'inizio del suo sviluppo, si presenta emisferico, con il margine fortemente involuto verso il gambo. Man mano che il fungo matura, il cappello si apre progressivamente, diventando convesso e infine piano-convesso, a volte anche leggermente depresso al centro negli esemplari molto vecchi. Il diametro è compreso tra 5 e 15 cm, sebbene in condizioni eccezionali possano svilupparsi carpofori di dimensioni maggiori. La cuticola, cioè la pelle del cappello, è asciutta e opaca, non igrofana, e la sua caratteristica più distintiva è la presenza di piccole squame fibrillose innate di colore più scuro. Queste squame, che ispirano il nome comune di "polipo squamoso", sono disposte in modo radiale e sono più fitte e evidenti al centro del cappello, mentre si diradano verso il margine. Il colore di fondo è bianco-crema, bianco-sporco o ocraceo molto chiaro, mentre le squame sono di un marrone più o meno intenso, a volte quasi grigiastro. Il margine del cappello è per lungo tempo involuto (arrotolato verso l'interno) e liscio.

Le lamelle: attaccatura, colore e fittezza

Le lamelle (imenoforo) sono la parte del fungo deputata alla produzione delle spore. Nell'Hypsizygus ulmarius sono fitte, sottili e con una particolare attaccatura al gambo che è un importante carattere diagnostico: sono annesse (legate al gambo) ma spesso con una leggera uncinatura (smarginate) o addirittura libere in alcuni esemplari, un carattere piuttosto variabile. Il colore delle lamelle è inizialmente bianco puro, per diventare crema o giallino pallido con la maturazione delle spore. L'aspetto generale è molto ordinato e regolare, e le lamelle sono intervallate da lamellule di diverse lunghezze. La loro consistenza è fragile e si rompono facilmente al tocco, un dettaglio da considerare durante la raccolta e il trasporto.

Il gambo: posizione, consistenza e anello

Il gambo (stipe) del fungo dell'olmo è un altro elemento distintivo. È tipicamente eccentrico, ovvero non attaccato al centro del cappello, ma spostato verso un lato, sebbene non così marcatamente come nei Pleurotus. In alcuni casi, soprattutto quando il fungo cresce sulla parte superiore di un tronco, il gambo può essere addirittura centrale. La sua lunghezza varia da 5 a 12 cm, con un diametro di 1-3 cm. La forma è cilindrica, spesso rastremata verso la base, che è talvolta ricoperta da un micelio bianco e cotonoso. La superficie del gambo è liscia o finemente fibrillosa, di colore bianco o simile a quello del cappello. La consistenza è carnosa e compatta, non fibrosa come in altri funghi lignicoli. Un carattere importante è l'assenza di un anello vero e proprio (velo parziale assente), sebbene a volte possano essere presenti residui fioccosi nella parte alta del gambo, vestigia di un velo molto rudimentale. La base del gambo è spesso radicante, ovvero si prolunga nel substrato legnoso.

La carne: consistenza, colore e reazioni macrochimiche

La carne (contexto) del polipo squamoso è spessa, soda e compatta nel cappello dei giovani esemplari, mentre diventa più fibrosa e tenace nel gambo, specialmente alla base. Negli esemplari maturi, la carne del cappello può diventare più molle. Il colore è bianco e non cambia, o cambia molto poco, al taglio o alla frattura (non virante). L'odore è fungino, gradevole, non distintivo, a volte descritto come leggermente farinoso in vecchiaia. Il sapore è dolciastro e mite, senza componenti amare o acre. L'assenza di colorazioni viranti e di odori sgradevoli è un primo, importante elemento per escludere confusioni con specie tossiche. Per quanto riguarda le reazioni macrochimiche, la carne non reagisce in modo evidente con i comuni reagenti come il solfato ferroso o l'idrossido di potassio, un dato utile per l'identificazione microscopica avanzata.

 

Morfologia microscopica: l'universo invisibile del fungo dell'olmo

Se la morfologia macroscopica ci fornisce la prima impressione sul fungo, è l'analisi microscopica che ne svela la vera identità e le relazioni filogenetiche. L'osservazione delle strutture microscopiche è un passaggio obbligato per una determinazione certa, soprattutto in un genere come Hypsizygus che condivide caratteri macroscopici con altri taxa. In questo capitolo, ci addentreriamo nel mondo delle spore, dei basidi, delle cistidi e dell'ifa, descrivendo con precisione le dimensioni, le forme e le reazioni tintoriali che definiscono l'Hypsizygus ulmarius a livello cellulare. Questa analisi è rivolta principalmente a micologi, studenti e appassionati con un livello avanzato di conoscenza, ma comprendere questi aspetti è fondamentale per apprezzare la complessità e la bellezza del regno dei funghi.

Spore: forma, dimensioni e ornamentazioni

Le spore dell'Hypsizygus ulmarius sono l'elemento diagnostico microscopico più importante. Si presentano in massa di colore bianco puro, un carattere che si può osservare facendo una sporata. Al microscopio, le spore sono ialine (trasparenti), lisce, di forma sferica o subsferica. Le loro dimensioni sono piuttosto piccole, generalmente comprese tra 4-6 µm di diametro. La loro forma sferica e le dimensioni ridotte sono un carattere distintivo rispetto ad altri funghi lignicoli di aspetto simile. Sono amiloide negative, ovvero non si colorano di blu con il reagente di Melzer, una caratteristica condivisa con la maggior parte delle Lyophyllaceae. L'apicolo, una piccola protuberanza basale dove la spora si attaccava al basidio, è poco evidente.

Caratteristiche microscopiche di Hypsizygus ulmarius
StrutturaFormaDimensioni (µm)Note
SporeSferiche / Subsferiche4-6Lisce, ialine, non amiloidi
BasidiClavati20-30 x 5-7Tetrasporici
CistidiVariabile (clavati, fusoidi)30-50 x 5-10Poco abbondanti
IfaGenerativa con fibbieDiametro 3-10Trama lamellare regolare

Basidi, cistidi e struttura ifale: l'architettura cellulare

I basidi sono le cellule fertili che producono le spore. Nell'Hypsizygus ulmarius sono di forma clavata (a clava), tetrasporici (cioè portano quattro spore ciascuno), e misurano circa 20-30 µm di lunghezza per 5-7 µm di larghezza. Le cistidi sono cellule sterili che si trovano sul filo lamellare (cheilocistidi) e sulla faccia delle lamelle (pleurocistidi). Nel polipo squamoso, i cheilocistidi sono abbondanti e di forma variabile: da clavati a fusoidi-ventricosi (a forma di fiasco). Le loro dimensioni sono nell'ordine dei 30-50 µm di lunghezza. I pleurocistidi sono simili ma meno numerosi. La presenza di cistidi sul filo lamellare è un carattere importante per distinguere l'Hypsizygus da alcuni Pleurotus che ne sono privi. La struttura ifale che costituisce il fungo è composta da ife generative con setti provvisti di fibbie (clamp connections), un carattere comune in molti basidiomiceti. La trama lamellare, ovvero l'organizzazione interna delle ife nelle lamelle, è di tipo regolare.

 

Habitat ed ecologia: dove e come vive il polipo squamoso

La comprensione dell'ecologia di un fungo è fondamentale non solo per la sua ricerca in natura, ma anche per replicare con successo le sue condizioni ottimali in coltivazione. L'Hypsizygus ulmarius ha esigenze ecologiche piuttosto specifiche, che ne spiegano la distribuzione e l'abbondanza. In questo capitolo, esploreremo il suo ruolo nell'ecosistema forestale, le sue preferenze in termini di substrato, le associazioni con le piante e la sua fenologia, ovvero il periodo dell'anno in cui è più probabile incontrare i suoi carpofori. Queste informazioni sono preziose per il raccoglitore, che potrà così concentrare le sue ricerche negli ambienti e nei periodi più favorevoli, e per il micocoltore, che dovrà ricreare un microambiente il più possibile simile a quello naturale.

Substrato e piante associate: un legame speciale con l'olmo

Come suggerisce il nome comune "fungo dell'olmo" e l'epiteto specifico "ulmarius", questo fungo ha una spiccata preferenza per il legno di olmo (genere Ulmus), in particolare per l'olmo campestre (Ulmus minor) e l'olmo montano (Ulmus glabra). Tuttavia, non è strettamente specifico e può essere rinvenuto, sebbene più raramente, su altri legni duri come il faggio (Fagus sylvatica), l'acero (Acer spp.) e il pioppo (Populus spp.). La sua ecologia è quella di un saprotrofo primario parassita, ovvero è in grado di attaccare alberi viventi ma deperienti, causando una carie bianca del legno, per poi continuare a vivere come saprotrofo sul legno morto della stessa pianta. Questo comportamento lo rende un importante agente di decomposizione nel ciclo del carbonio forestale. Cresce quasi esclusivamente su legno, sia su tronchi ancora in piedi che su ceppaie o grandi rami caduti, preferendo legno già parzialmente degradato ma ancora consistente. Raramente si sviluppa direttamente sul terreno, a meno che non sia in connessione con radici legnose sotterranee.

Distribuzione geografica e fenologia

L'Hypsizygus ulmarius è un fungo ampiamente distribuito nelle regioni temperate dell'emisfero settentrionale. In Europa è comune in gran parte del continente, dalla Penisola Iberica alla Russia europea. In Italia, è segnalato in tutte le regioni, sebbene con frequenza variabile; è più comune al nord e al centro, mentre al sud e nelle isole è più localizzato, legato alla presenza dei suoi alberi ospiti. Fruttifica, a seconda della latitudine e dell'altitudine, dalla tarda estate all'autunno inoltrato. Il periodo di picco di fruttificazione va da settembre a novembre nell'Italia settentrionale, mentre al centro-sud può prolungarsi fino a dicembre. A differenza di molti altri funghi, sopporta bene le prime gelate leggere. I carpofori possono persistere sull'albero per diverse settimane senza marcire, disidratandosi e reidratandosi con le piogge. Tende a fruttificare in gruppi di pochi esemplari, raramente in cespi molto numerosi come fanno alcuni Pleurotus.

 

Coltivazione del fungo dell'olmo: tecniche e protocolli per il micocoltore

Sebbene non sia così commercialmente diffuso come il suo cugino Hypsizygus tessellatus (il fungo del faggio o shimeji), il polipo squamoso si presta molto bene alla coltivazione amatoriale e semi-professionale. La sua coltivazione presenta sfide e soddisfazioni peculiari, legate alla sua ecologia specifica. In questo capitolo, dedicato ai micocultori e a tutti coloro che desiderano cimentarsi nella crescita di questo fungo, descriveremo le tecniche più efficaci, dai metodi su tronchetti all'aperto fino alle coltivazioni intensive su substrati sterilizzati in ambiente controllato. Forniremo dati precisi sulle temperature di incubazione e fruttificazione, sulla formulazione dei substrati e sulla gestione dell'umidità relativa, basandoci sia sulla letteratura scientifica che sull'esperienza pratica di coltivatori.

Preparazione del substrato e inoculazione

La scelta del substrato è il primo passo cruciale per una coltivazione di successo. In natura, il fungo dell'olmo preferisce legno di olmo, ma in coltivazione si adatta bene a diversi substrati lignocellulosici. Un substrato classico ed efficace per la coltivazione su tronchetti è costituito da ceppi o tronchi freschi (tagliati da non più di 1-2 mesi) di olmo, faggio o pioppo, con un diametro compreso tra 15 e 30 cm e una lunghezza di circa 50-100 cm. L'inoculazione avviene tramite spawn (micelio coltivato su grano o segatura), che viene inserito in fori praticati sul tronco con un trapano, oppure tramite il metodo "a tassello", utilizzando tasselli di legno già colonizzati dal micelio. I fori vengono poi sigillati con cera d'api per prevenire la contaminazione e la disidratazione. Per la coltivazione intensiva in sacchi, si utilizza un substrato pastorizzato a base di segatura di latifoglie (ad esempio, 80% segatura di faggio, 19% crusca di frumento, 1% gesso agricolo), con un contenuto di umidità del 60-65%. L'inoculo in questo caso viene mescolato omogeneamente al substrato prima dell'insaccamento.

Condizioni di incubazione e fruttificazione

Dopo l'inoculazione, inizia la fase di incubazione, durante la quale il micelio colonizza il substrato. Per i tronchetti, questa fase avviene all'aperto in una zona ombreggiata e umida, e può richiedere dai 6 ai 12 mesi, a seconda della specie legnosa, delle dimensioni del tronco e delle condizioni climatiche. La temperatura ottimale di incubazione è di 20-25°C. Per le coltivazioni in sacco in ambiente controllato, l'incubazione è molto più rapida, richiedendo circa 3-4 settimane a 24-26°C. Una volta che il substrato è completamente colonizzato (diventa bianco per l'abbondante micelio), si induce la fruttificazione. La fruttificazione del polipo squamoso è favorita da un abbassamento della temperatura e da un aumento dell'umidità relativa e della ventilazione. Le condizioni ideali per la fruttificazione sono: temperatura di 10-18°C, umidità relativa superiore all'85% e buon ricambio d'aria per abbassare i livelli di CO2. I primordi (piccoli funghi) iniziano a formarsi dopo 1-2 settimane dall'induzione e si sviluppano in carpofori maturi in altri 5-10 giorni. La resa per un substrato in sacco può arrivare al 100-150% del peso del substrato secco in più flushes (ondate di fruttificazione).

 

Proprietà nutraceutiche e utilizzi in micoterapia del polipo squamoso

Oltre alle sue qualità organolettiche, l'Hypsizygus ulmarius sta attirando l'attenzione della comunità scientifica per le sue potenziali proprietà benefiche per la salute. Come molti funghi, è una fonte di composti bioattivi che possono svolgere un ruolo nella prevenzione e nel supporto di varie condizioni patologiche. In questo capitolo, ci concentreremo sull'analisi della sua composizione biochimica, esaminando la letteratura scientifica disponibile sui suoi principi attivi, come i polisaccaridi (in particolare i beta-glucani), le lectine, gli enzimi e i composti antiossidanti. Discuteremo i potenziali effetti immunomodulatori, antitumorali, ipocolesterolemizzanti e antidiabetici, sempre con un approccio critico e basato sulle evidenze, sottolineando la differenza tra studi in vitro, su modelli animali e trials clinici sull'uomo.

Composizione biochimica: beta-glucani e composti antiossidanti

La composizione biochimica del fungo dell'olmo è simile a quella di altri funghi commestibili, ma con alcune peculiarità. È una buona fonte di proteine (circa 20-30% del peso secco), con un profilo amminoacidico completo che include tutti gli amminoacidi essenziali. Il contenuto di grassi è basso (2-4%) e comprende prevalentemente acidi grassi insaturi. La frazione più interessante dal punto di vista nutraceutico è quella dei carboidrati, che costituiscono circa il 50-60% del peso secco. Tra questi, spiccano le fibre alimentari, in particolare i beta-glucani. I beta-glucani dei funghi sono polimeri del glucosio con legami β-(1→3) e β-(1→6) che hanno dimostrato, in numerosi studi, potenti attività immunostimolanti. L'Hypsizygus ulmarius contiene anche una buona quantità di ergotioneina, un amminoacido solforato con spiccata attività antiossidante che protegge le cellule dallo stress ossidativo. Sono inoltre presenti polifenoli, tocoferoli (vitamina E) e un buon contenuto di minerali, in particolare potassio, fosforo e selenio.

Studi scientifici e potenziali applicazioni terapeutiche

La ricerca sulle proprietà medicinali dell'Hypsizygus ulmarius è meno avanzata rispetto a quella su funghi come il Ganoderma lucidum o il Lentinula edodes, ma i risultati preliminari sono promettenti. Studi in vitro hanno dimostrato che estratti acquosi e alcolici del fungo possiedono attività antiossidante, misurata con diversi metodi come il test ORAC e il test di scavenging dei radicali DPPH. Uno studio del 2011 ha isolato un polisaccaride specifico dall'Hypsizygus ulmarius che ha mostrato una significativa attività immunostimolante sui macrofagi murini, inducendo la produzione di citochine come il TNF-α. Altri studi hanno investigato le sue proprietà antimicrobiche contro alcuni batteri patogeni. In ambito preclinico, estratti del fungo hanno mostrato effetti ipoglicemizzanti in modelli animali di diabete, probabilmente legati all'inibizione degli enzimi alfa-glucosidasi. È importante sottolineare che la maggior parte di questi studi sono preliminari e che non esistono, al momento, evidenze cliniche solide che giustifichino l'uso del fungo dell'olmo come farmaco. Tuttavia, il suo consumo come parte di una dieta varia ed equilibrata può contribuire all'apporto di composti bioattivi benefici.

 

Confusioni e specie simili: come distinguere il vero polipo squamoso

L'identificazione sicura è la regola d'oro in micologia, soprattutto quando si considera il consumo di un fungo. Sebbene l'Hypsizygus ulmarius non abbia sosia mortali, può essere confuso con alcune specie commestibili e, in rari casi, con specie non commestibili o lievemente tossiche. In questo capitolo, affronteremo le principali specie con cui il fungo dell'olmo può essere scambiato, fornendo una chiave dicotomica dettagliata basata su caratteri macroscopici e microscopici facilmente osservabili. Imparare a riconoscere queste differenze sottili non è solo un esercizio di precisione, ma un atto di responsabilità verso se stessi e verso chi potrebbe consumare i funghi da noi raccolti. Ricordiamo sempre il principio: in caso di dubbio, non consumare il fungo e rivolgersi a un micologo esperto.

Confronto con Pleurotus ostreatus e altre specie di pleurotus

La confusione più comune è con il ben noto Pleurotus ostreatus, il fungo ostrica. Entrambi sono funghi lignicoli a gambo eccentrico e di colore chiaro. Tuttavia, esistono differenze macroscopiche chiave:

  • Cappello: P. ostreatus ha un cappello tipicamente a forma di ostrica o di ventaglio, liscio e spesso viscido con tempo umido. H. ulmarius ha un cappello più regolare, inizialmente emisferico, e la cuticola è sempre asciutta e distintamente squamosa.
  • Gambo: il gambo di P. ostreatus è molto corto, spesso appena accennato, e lateralissimo. Il gambo di H. ulmarius è ben sviluppato, più lungo e solo eccentrico.
  • Carne: la carne di P. ostreatus è tenera e succulenta, mentre quella di H. ulmarius è più compatta e tenace, specialmente nel gambo.
  • Odore: P. ostreatus ha spesso un odore lievemente di anice o di farina fresca, mentre H. ulmarius ha un odore più neutro e fungino.

Altre specie di Pleurotus, come P. pulmonarius (più chiaro e con gambo più sviluppato), possono assomigliare ancora di più al polipo squamoso, ma mancano sempre delle squame distintive sul cappello.

Altre possibili confusioni: Lyophyllum e Sarcomyxa

Altre possibili confusioni possono avvenire con funghi del genere Lyophyllum, che condividono la stessa famiglia. Ad esempio, Lyophyllum decastes (il fungo dei cespugli) cresce in grandi cespi sul terreno (non sul legno) e ha un cappello liscio. Un'altra specie lignicola con cui può essere confuso è Sarcomyxa serotina (ex Panellus serotinus), un fungo tardivo che cresce su legno di latifoglie. Tuttavia, Sarcomyxa serotina ha un cappello viscido con tempo umido, di colore verde-oliva o brunastro, e lamelle giallognole. La combinazione di crescita su legno di olmo/faggio, cappello bianco-squamoso, gambo ben sviluppato e carne compatta rende l'Hypsizygus ulmarius piuttosto caratteristico una volta che se ne imparano i caratteri.

 

Raccolta, pulizia e conservazione del fungo dell'olmo

Una volta identificato con certezza, il polipo squamoso diventa un'ottima aggiunta alla dispensa del raccoglitore. Le sue carni sode e il sapore mite lo rendono versatile in cucina. Ma per godere appieno delle sue qualità, è fondamentale adottare le giuste tecniche di raccolta, pulizia e conservazione. In questo capitolo, forniremo una guida pratica su come raccogliere il fungo in modo sostenibile, senza danneggiare il micelio sotterraneo, su come pulirlo dalla terra e dai detriti legnosi senza rovinarlo, e su quali sono i metodi migliori per conservarlo nel tempo, dalla refrigerazione all'essiccazione, fino alla surgelazione. Piccoli accorgimenti in queste fasi possono fare la differenza tra un piatto mediocre e un'esperienza culinaria memorabile.

Tecniche di raccolta sostenibile

La raccolta dei funghi dovrebbe sempre essere effettuata con rispetto per l'ambiente e per la sopravvivenza della specie. Per l'Hypsizygus ulmarius, che cresce sul legno, il metodo di raccolta è meno critico per la sopravvivenza del micelio rispetto ai funghi micorrizici, poiché il micelio è all'interno del substrato legnoso e non viene danneggiato dalla raccolta dei carpofori. Tuttavia, è buona norma:

  • utilizzare un coltello affilato per tagliare il fungo alla base del gambo, lasciando la parte radicante nel legno.
  • evitare di strappare il fungo, per non asportare grandi quantità di legno e micelio.
  • raccogliere solo esemplari maturi ma ancora giovani e sodi, lasciando quelli vecchi o marci a svolgere il loro ruolo ecologico di dispersori di spore.
  • riporre i funghi in un cesto rigido e areato, non in sacchetti di plastica, per permettere la dispersione delle spore durante il trasporto e per evitare fermentazioni.

La raccolta responsabile garantisce che lo stesso ceppo possa fruttificare per molti anni consecutivi.

Metodi di conservazione: dall'essiccazione alla surgelazione

L'Hypsizygus ulmarius si conserva bene in frigorifero per 5-7 giorni, se riposto in un sacchetto di carta o in un contenitore non ermetico. Per conservazioni più lunghe, i metodi migliori sono l'essiccazione e la surgelazione.

  • Essiccazione: è il metodo ideale per questo fungo. I funghi vanno affettati sottili (il gambo, essendo tenace, andrebbe tagliato a pezzetti più piccoli) ed essiccati al sole, in forno a bassa temperatura (40-50°C) con lo sportello aperto, o in un essiccatore elettrico. Una volta essiccati, diventano croccanti e vanno conservati in barattoli di vetro ermetici, al riparo da luce e umidità. Si conservano per oltre un anno. Si reidratano bene in acqua tiepida.
  • Surgelazione: i funghi vanno prima sbollentati per 2-3 minuti in acqua salata o saltati in padella per pochi minuti fino a far loro espellere l'acqua. Una volta raffreddati, si ripongono in sacchetti per freezer. Si conservano per 6-8 mesi. La surgelazione senza precottura porta alla rottura delle cellule e a una consistenza molliccia dopo lo scongelamento.

 

Fungo dell'Olmo: prospettive future

Il nostro viaggio nel mondo del Fungo dell'Olmo giunge al termine, ma la storia di questo fungo è tutt'altro che conclusa. L'Hypsizygus ulmarius si conferma come una specie di grande interesse sotto molteplici punti di vista: ecologico, per il suo ruolo nella decomposizione del legno; micologico, per le sue caratteristiche distintive che lo pongono in una posizione tassonomica interessante; culinario, per le sue carni sode e il sapore gradevole; e potenzialmente nutraceutico, per la sua ricca composizione in composti bioattivi.

La sua coltivazione, sebbene non di massa, rappresenta una sfida stimolante per il micocoltore e un'opportunità per diversificare l'offerta di funghi freschi. La ricerca futura dovrà indagare più a fondo le sue proprietà medicinali, magari isolando e caratterizzando nuovi principi attivi, e ottimizzare i protocolli di coltivazione per renderlo più accessibile. Il fungo dell'olmo è un promemoria della straordinaria biodiversità fungina e di quanto ancora ci sia da scoprire nel regno dei funghi.

 

 

Continua il tuo viaggio nel mondo dei funghi

Il regno dei funghi è un universo in continua evoluzione, con nuove scoperte scientifiche che emergono ogni anno sui loro straordinari benefici per la salute intestinale e il benessere generale. Da oggi in poi, quando vedrai un fungo, non penserai più solo al suo sapore o aspetto, ma a tutto il potenziale terapeutico che racchiude nelle sue fibre e nei suoi composti bioattivi.

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