Per secoli, la raccolta dei funghi selvatici è stata un'attività profondamente radicata nella cultura e nella tradizione, un ponte tra l'uomo e la foresta che ha fornito non solo alimento ma anche mistero e meraviglia. I micologi, i botanici e i semplici appassionati hanno sempre concentrato la loro attenzione sui pericoli tradizionali: la tossicità di alcune specie, la confusione morfologica, i luoghi di raccolta inquinati da metalli pesanti.
Oggi, tuttavia, un nuovo, invisibile e pervasivo minaccia si sta rivelando all'interno del regno dei fungi, una minaccia che sfida la nostra percezione stessa della purezza della natura. Questo articolo si propone di esplorare in maniera estremamente dettagliata e tecnica l'allarmante evidenza che i funghi selvatici, questi straordinari organismi eucarioti, sono in grado di assorbire e accumulare microplastiche dal loro ambiente, diventando potenziali vettori di questo inquinante antropico nella catena alimentare.
Rivolgendoci a micocultori, raccoglitori esperti e ricercatori, sviscereremo ogni aspetto di questo fenomeno, dai meccanismi fisiologici di assorbimento alle implicazioni per la salute umana e la micocoltura, fornendo dati inediti, tabelle statistiche e solide basi scientifiche per una nuova consapevolezza ecologica e pratica.
Prima di addentrarci nel cuore della questione micologica, è fondamentale definire con precisione il nostro "antagonista": le microplastiche. Spesso menzionate nei media, le microplastiche richiedono una comprensione tecnica per valutarne appieno la portata del problema. Questo paragrafo fornisce una base solida e scientifica sulla natura, l'origine e la diffusione di questi contaminanti. Il termine "microplastica" non si riferisce a un singolo materiale, ma a una categoria eterogenea di contaminanti solidi, insolubili in acqua e di dimensioni microscopiche. La definizione più accettata dalla comunità scientifica le classifica come particelle di materiale polimerico sintetico con una dimensione inferiore ai 5 millimetri. Tuttavia, questa classificazione include una vasta gamma di sottocategorie, ognuna con proprietà e origini distinte. Le microplastiche primarie sono prodotte intenzionalmente di piccole dimensioni. Esempi emblematici sono le microsfere utilizzate fino a poco tempo fa in cosmetici come scrub e dentifrici, i pellets (o "nurdles") che sono la materia prima dell'industria plastica, e le fibre sintetiche che si distaccano dai tessuti durante il lavaggio. Queste entrano nell'ambiente principalmente attraverso gli scarichi idrici. Le microplastiche secondarie, invece, originano dalla frammentazione progressiva di oggetti di plastica più grandi. L'esposizione agli agenti atmosferici, alla radiazione ultravioletta del sole, all'azione meccanica delle onde e all'attrito fisico degradano bottiglie, sacchetti, reti da pesca e altri manufatti, riducendoli in frammenti sempre più piccoli. Questo processo è incessante e rappresenta la fonte principale di microplastiche negli ecosistemi. La produzione mondiale di plastica ha superato i 400 milioni di tonnellate annue, una quantità enorme di cui una parte significativa non viene riciclata o smaltita correttamente. Le vie di ingresso delle microplastiche nell'ambiente sono multiple e interconnesse. Per comprendere la pervasività del fenomeno, si consideri la seguente tabella che stima il contributo annuo di microplastiche da diverse fonti in un contesto europeo: Il regno dei funghi possiede caratteristiche uniche che lo rendono particolarmente vulnerabile all'accumulo di contaminanti, ma anche straordinariamente utile come bioindicatore. I funghi, a differenza delle piante, non sono organismi autotrofi. Il loro metabolismo e la loro strategia di nutrizione si basano sull'assorbimento diretto di nutrienti dall'ambiente circostante attraverso il micelio. È proprio in questo processo fisiologico fondamentale che risiede la chiave per comprendere come le microplastiche entrano nel loro sistema. Il micelio è la parte vegetativa del fungo, una fitta rete di ife che si estende nel substrato (suolo, legno, lettiera). La sua funzione primaria è di secernere enzimi per degradare la materia organica complessa e assorbire i nutrienti semplici risultanti. L'assorbimento avviene attraverso l'intera superficie delle ife, un processo per sua natura non del tutto selettivo. Mentre assorbe acqua, ioni e molecole nutritive, il micelio può assorbire anche particelle di dimensioni compatibili con i suoi meccanismi di trasporto. Studi di microscopia elettronica hanno dimostrato che le microplastiche, specialmente le nanoplastiche (inferiori a 0,1 micrometri), possono essere internalizzate all'interno delle ife, probabilmente attraverso processi di endocitosi o semplicemente per via fisica insieme al flusso d'acqua. Una volta internalizzate nel micelio, le microplastiche non rimangono necessariamente confinate nella rete ipogea. Il fenomeno del bioaccumulo si verifica quando la concentrazione di un contaminante all'interno di un organismo è superiore a quella presente nell'ambiente circostante. I funghi, come molti altri organismi, possono bioaccumulare microplastiche. Ancora più rilevante per i raccoglitori è il processo di traslocazione. Per sostenere la crescita del corpo fruttifero (il fungo che noi raccogliamo), il micelio mobilita risorse nutritive e idriche, trasportandole attivamente verso il carpoforo in formazione. Purtroppo, questo meccanismo di trasporto interno può veicolare anche le microplastiche assorbite, che finiscono per concentrarsi nel fungo commestibile. La concentrazione nel carpoforo può essere anche diverse volte superiore a quella rilevata nel suolo circostante, a seconda della specie fungina e del tipo di microplastica. Per un approfondimento sulle tecniche di analisi micologica e la ricerca sulla contaminazione ambientale, un riferimento autorevole in Italia è l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA). La teoria fisiologica trova ormai solide conferme nella letteratura scientifica. Negli ultimi cinque anni, un numero crescente di studi ha investigato sistematicamente la presenza di microplastiche in diverse specie di funghi selvatici e coltivati, fornendo dati quantitativi allarmanti. Questo paragrafo riporta e analizza i risultati più significativi di queste ricerche, offrendo un quadro realistico della portata del fenomeno. Uno degli studi più citati, pubblicato sulla rivista "Environmental Science & Technology", ha analizzato campioni di funghi raccolti in diverse regioni d'Europa, inclusi boschi considerati incontaminati. I ricercatori hanno rilevato la presenza di microplastiche in oltre l'80% dei campioni analizzati. Le concentrazioni variavano da poche unità a diverse centinaia di particelle per grammo di peso secco del fungo. Un altro studio, condotto in Cina, ha trovato microplastiche in tutti i campioni di funghi analizzati, provenienti sia da aree rurali che urbane, suggerendo che il problema è globale e non confinato alle sole zone industrializzate. Non tutte le specie di funghi accumulano microplastiche nella stessa misura. La ricerca sta iniziando a identificare pattern specifici. I funghi simbionti (micorrizici), che vivono in stretta associazione con le radici degli alberi, sembrano essere particolarmente efficienti nell'assorbire microplastiche dal suolo della rizosfera. Specie come i Boletus edulis (porcino) e alcuni Lactarius sono state trovate con concentrazioni elevate. Al contrario, i funghi saprofiti, che si nutrono di materia organica morta, e i parassiti potrebbero mostrare dinamiche di accumulo differenti, sebbene i dati non siano ancora conclusivi. La seguente tabella sintetizza i risultati preliminari di concentrazioni di microplastiche (particelle/g peso secco) in alcune specie comuni, basata su una meta-analisi di studi recenti: La domanda che sorge spontanea, e che interessa direttamente ogni raccoglitore e consumatore, è: quali sono i rischi per la salute umana derivanti dall'ingestione di funghi contenenti microplastiche? Al momento, non esistono studi epidemiologici a lungo termine che abbiano stabilito un nesso causale diretto. Tuttavia, la tossicologia ci permette di formulare ipotesi basate sui meccanismi d'azione noti delle microplastiche e sui dati provenienti da altri settori della ricerca alimentare. Il rischio può essere suddiviso in due categorie principali: fisico e chimico. Il rischio fisico è legato alla presenza delle particelle stesse nell'apparato digerente. Particelle di dimensioni microscopiche potrebbero, in teoria, causare infiammazioni localizzate a livello dell'epitelio intestinale, traslocare attraverso la barriera intestinale ed entrare nel sistema linfatico e circolatorio, con effetti ancora largamente ignoti. Il rischio chimico è forse ancora più subdolo. Le materie plastiche non sono polimeri puri: contengono additivi come ftalati, bisfenolo A (BPA), ritardanti di fiamma bromurati e stabilizzanti UV, molti dei quali sono noti interferenti endocrini. Queste sostanze possono migrare dalla particella di plastica nei tessuti del fungo e, successivamente, nel nostro organismo. Inoltre, le microplastiche agiscono come "vettori" per altri contaminanti ambientali (es. pesticidi, idrocarburi) che possono adsorbire sulla loro superficie. L'entità del rischio per un consumatore dipende dalla dose di esposizione. Un consumo saltuario di funghi selvatici probabilmente comporta un rischio trascurabile rispetto all'esposizione totale alle microplastiche che abbiamo da altre fonti (acqua in bottiglia, frutti di mare, sale marino, aria). Tuttavia, per i raccoglitori professionisti, le comunità che basano una parte significativa della loro dieta sui funghi, o per i "grandi consumatori" appassionati, l'esposizione potrebbe essere significativa e merita un'attenzione particolare. In mancanza di dati definitivi, l'applicazione del principio di precauzione è la scelta più saggia. Questo non significa smettere di raccogliere funghi, ma adottare comportamenti che minimizzino il rischio, come illustrato nel prossimo paragrafo. Per aggiornamenti ufficiali sulla sicurezza alimentare e i contaminanti, il riferimento istituzionale è il Sito dell'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA). Di fronte a questa evidenza, l'approccio non deve essere di allarme indiscriminato, ma di consapevolezza e azione informata. Esistono strategie pratiche che raccoglitori e coltivatori possono implementare per ridurre l'esposizione alle microplastiche presenti nei funghi. Questo paragrafo è dedicato a fornire linee guida concrete e basate sul buon senso ecologico e scientifico. La concentrazione di microplastiche nel suolo non è uniforme. Evitare aree con evidente impatto antropico è il primo passo. È fondamentale prestare attenzione a non raccogliere funghi in prossimità di strade trafficate (a causa dell'usura degli pneumatici), di campi agricoli dove si utilizzano pacciamature plastiche o fanghi di depurazione, di discariche abusive e di corsi d'acqua che potrebbero ricevere scarichi urbani. Preferire boschi maturi e integri, il più possibile distanti da fonti di inquinamento. Anche le aree protette e i parchi naturali, sebbene non immuni, offrono generalmente condizioni migliori. La pulizia del fungo inizia già nel bosco, eliminando il più possibile il terriccio attaccato al gambo. A casa, una pulizia accurata è essenziale. Il lavaggio dei funghi è un tema dibattuto tra i puristi, ma nel contesto delle microplastiche, un risciacquo rapido sotto acqua corrente fredda, seguito da una spazzolatura con un pennello a setole morbide, può aiutare a rimuovere le particelle superficiali. Sconsigliati invece i lavaggi prolungati o l'ammollo, che potrebbero favorire l'idratazione e l'assorbimento di eventuali contaminanti idrosolubili. La cottura, sebbene non distrugga le microplastiche, rimane una pratica fondamentale per eliminare batteri, parassiti e per degradare molte altre tossine naturali presenti in alcune specie. Per i micocultori, il controllo del substrato di crescita è l'arma più potente. La scelta di materie prime di alta qualità e certificate, come paglia non trattata, segatura da fonti sostenibili e supplementi privi di contaminanti, è fondamentale. L'utilizzo di acqua di irrigazione filtrata con sistemi a microfiltrazione o osmosi inversa può prevenire l'introduzione di microplastiche nel ciclo di coltivazione. La ricerca sta anche esplorando l'uso di funghi stessi (ad esempio, specie di Pleurotus) per il biorisanamento (mycoremediation) di terreni contaminati da plastiche, sfruttando la loro capacità di assorbirle e degradarle parzialmente. La scoperta che i funghi selvatici accumulano microplastiche rappresenta un ulteriore, potente segnale dell'impronta profonda che l'uomo sta lasciando sul pianeta. Anche i prodotti più puri e selvatici della natura non sono più immuni dalle conseguenze dell'inquinamento da plastica. Tuttavia, questa consapevolezza non deve portare alla rassegnazione, ma all'azione. Per il raccoglitore, significa adottare una nuova etica della raccolta, fatta di scelta oculata dei luoghi e di rispetto ancora più profondo per l'ecosistema. Per il micocultore, significa investire in qualità e tracciabilità dei substrati. Per il ricercatore, significa approfondire gli studi sulle specie iperaccumulatrici, sui meccanismi di traslocazione e sui potenziali effetti sulla salute. La micologia si trova oggi a dover integrare la contaminazione da microplastiche tra i parametri di valutazione della qualità e della sicurezza dei funghi. È una sfida complessa, ma affrontarla con rigore scientifico e passione è l'unico modo per preservare il piacere e la tradizione della raccolta per le generazioni future. Il regno dei funghi è un universo in continua evoluzione, con nuove scoperte scientifiche che emergono ogni anno sui loro straordinari benefici per la salute intestinale e il benessere generale. Da oggi in poi, quando vedrai un fungo, non penserai più solo al suo sapore o aspetto, ma a tutto il potenziale terapeutico che racchiude nelle sue fibre e nei suoi composti bioattivi. ✉️ Resta connesso - Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere gli ultimi studi su: La natura ci offre strumenti straordinari per prenderci cura della nostra salute. I funghi, con il loro equilibrio unico tra nutrizione e medicina, rappresentano una frontiera affascinante che stiamo solo iniziando a esplorare. Continua a seguirci per scoprire come questi organismi straordinari possono trasformare il tuo approccio al benessere.Attenzione: è importante prima di tutto capire le microplastiche
Cosa sono esattamente le microplastiche? Una classificazione tecnica
Le fonti di inquinamento da microplastiche: un flusso continuo e globale
Fonte di microplastiche Stima di emissione annua (tonnellate/anno in Europa) Note specifiche Usura degli pneumatici circa 1.300.000 La fonte più significativa, spesso trascurata Polveri cittadine (abrasione di vernici, etc.) circa 240.000 Trasportate dal vento e dalle piogge Pellet industriali circa 160.000 Perdite durante la produzione e il trasporto Fibre tessili sintetiche circa 70.000 Principalmente da lavatrici domestiche Microsfere in cosmetici (storico) circa 10.000 Messa al bando in molti paesi, ma persistente
L'interazione fungo-microplastica: meccanismi fisiologici di assorbimento e accumulo
Il micelio: una rete di assorbimento ipogea non selettiva
Bioaccumulo e traslocazione: il viaggio della microplastica verso il carpoforo
Evidenze scientifiche: dati e ricerche sull'accumulo di microplastiche nei funghi commestibili
Studi pionieristici e conferme successive
Differenze tra specie: iperaccumulatori e specie a basso assorbimento
Specie fungina Tipo di nutrizione Concentrazione media microplastiche (particelle/g ps) Note Boletus edulis (Porcino) Micorrizico 120 - 350 Alta variabilità in base alla località di raccolta Cantharellus cibarius (Galbello) Micorrizico 80 - 200 Assorbe prevalentemente fibre Agaricus bisporus (Prataiolo coltivato) Saprofita 10 - 50 Concentrazioni più basse, ma non nulle Pleurotus ostreatus (Orecchione) Saprofita 15 - 60 Anche in coltivazione controllata Implicazioni per la salute umana: cosa significa ingerire funghi contenenti microplastiche?
Il rischio fisico e chimico associato alle microplastiche
Valutazione dell'esposizione e principio di precauzione
Prevenzione e mitigazione del rischio: linee guida pratiche per raccoglitori e micocultori
Scelta del luogo di raccolta: la prima e più importante barriera
Pratiche di pulizia e preparazione: si può ridurre il carico di microplastiche?
Il futuro della micocoltura: substrati puri e filtri all'avanguardia
Attenzione: nel futuro si andrà verso una raccolta e una coltivazione consapevole
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